Viviamo in un’epoca che spinge verso la monocultura, ad un sistema economico che sfrutta e manipola in modo eccessivo il territorio. Un sistema politico che per sopravvivere deve asservirsi, senza contraddittorietà, ad interessi delle multinazionali, dove l’uomo non è più padrone del proprio luogo, dove noi stessi abbiamo perso il controllo sui luoghi. Stiamo assistendo, da parte del governo centrale, ad un accanimento a dir poco maniacale su alcuni territori italiani, in particolar modo alle regioni della Lucania e della Calabria nord orientale.
Dopo più di 150 anni dall’unità d’Italia, si chiede ancora a queste regioni, in nome di un decreto, SBLOCCA ITALIA, di immolarsi per il bene comune della Nazione, impantanata da un punto di vista politico, sociale ed economico. Tutti sappiamo che un decreto è utilizzato per designare atti aventi forza di legge, emanati dal governo, quindi incontestabili. In parole povere un imposizione a mio avviso totalitaria. Nel decreto Sblocca Italia è inserita anche la questione Trivellazioni.
Trivellazioni che avverranno sul territorio Lucano e Calabro a largo delle coste Croate e a largo delle coste ioniche, un pezzo di mare, quello Jonico, e Adriatico, che data la loro posizione, potremmo considerarli al pari di grandi laghi, quindi facilmente aggredibili nel loro ecosistema marittimo.
L’area dello Jonio è stata già fortemente penalizzata dalla presenza dell’ILVA di Taranto, e tutti sappiamo che dal miraggio di ripresa economica promessa negli anni 60 dello scorso secolo, siamo arrivati al disastro ambientale dei nostri giorni. Marcello Pittella, (presidente della regione Basilicata), in un’intervista, a seguito di alcune contestazioni, parla delle trivellazioni come l’ultimo affare, poi corregge il tiro con il termine opportunità, del territorio Lucano.
A nostro avviso il ceto politico meridionale, rivendica in nome di un Sud, per loro troppo astratto, una meschina partecipazione, rigorosamente subalterna alle dinamiche e alla logica dello sviluppo, lasciando la società civile, il popolo, al di fuori, sprovvisto di dinamiche partecipative nello sviluppo stesso.. Sviluppo spesso associato alla modernità che non lascia ricchezza sul territorio.
Noi non accettiamo più di “venerare” la “Santa crescita”, lo sviluppo, inteso come sfruttamento del territorio, con la scusa che grazie a lei si risolveranno i tanti problemi che attanagliano il sud e l’Italia , in primis disoccupazione e precarietà.
Non siamo disposti più a cedere al ricatto sviluppo/sfruttamento del territorio = occupazione ( a tempo determinato ), non bisogna accettare perché costretti, non siamo disposti ad accettare promesse di aspettative fantastiche che ciclicamente vengono deluse, creando depressione e angosce esistenziali.
Lo sconvolgimento climatico territoriale, dell’ecosistema è una cosa reale, tangibile, e non uno spot elettorale. Facciamo nostro uno slogan dei NOTRIV lucani, “non vogliamo un futuro NEROPETROLIO. Anche perché, citando Andrè Gorz, filosofo, << I figli che metteremo al mondo, nella loro età matura non utilizzeranno più né l’alluminio né il petrolio>>.
Esistono energie alternative compatibili e in simbiosi con il territorio stesso, perché non attuare questa politica di sviluppo sostenibile?
Per fare ciò dovremmo riappropriarci del nostro territorio, rimodellare e dialogare con le istituzioni locali. Fare delle nostre battaglie per il territorio lotta comune. La nostra proposta, la nostra linea, è quella di creare mobilità, vivere i luoghi vuol dire soprattutto mobilità. Proporre alle istituzioni un autogoverno per la difesa dei beni comuni, fare del nostro territorio un ampio”villaggio urbano”.
La vera rivolta sta in una nuova logica di gestione/autogestione del territorio. Sembrerà paradossale, ma partiamo dal presupposto che ogni azione in difesa di qualcosa, contro un volere già prestabilito e imposto, tipo il decreto SBLOCCA ITALIA, è fallimentare. Abbiamo avuto esempi, se pur piccoli ma di grossa importanza, con la mobilitazione per risolvere il problema strada provinciale SP 153 Alessandria del Carretto e la chiusura del presidio ospedaliero a Trebisacce, dove le istituzioni, anche se con l’aiuto dei cittadini e di associazioni che operano nel territorio, sono risultati incapaci di risolvere il problema.
Noi proponiamo nuove azioni di lotta, sperando siano condivise dalle stesse istituzioni locali, quali: assemblee cittadine e istituzionali itineranti per il territorio dell’Alto Jonio, vogliamo che i politici e i cittadini si impegnassero nei discorsi informativi e nelle pratiche per riscatto del territorio e miglioramento della qualità della vita sul nostro territorio, creazione di assemblee di cittadinanza attiva, creare laboratori di discussione.
Non aspettiamoci che il politico ci venga a cambiare il territorio, pensiamo alle possibili, immediatamente praticabili, pratiche di autogoverno, pratiche di democrazia partecipativa, che in piccolo, sfidando tutti, abbiamo già fatto come associazione Francesco Vuodo” ad Alessandria del Carretto con il laboratorio culturale RADICAZIONI. Siamo riusciti nell’idea che stare insieme è meglio, discutere, scontrarsi, è meglio.
Il 28 marzo tutti a Corigliano Calabro per difendere il nostro Territorio, i nostri Figli, il nostro Futuro. Con R.A.S.P.A. saremo presenti. Partenza da Trebisacce ore 9.00, area autilinee/stazione. Creativi e combattivi.